La domanda la leggo spesso e me la sono sentita porre anche di recente. Ad ogni data del Challenge LLCC c’è qualcuno che scende in pista per la prima volta ed il dubbio è legittimo.
Sul forum, come in un bar virtuale, si leggono battaglie epiche fra (spesso sedicenti) piloti, quindi chi è alle prime armi qualche domanda se la pone: sarò d’intralcio a qualcuno? Non andranno troppo forte per le mie capacità e per la mia macchina, che tutto sommato è originale? Non rischio di essere coinvolto in un incidente? Sarò preso dallo stress nel guardare gli specchietti dove si potrebbe materializzare da un momento all’altro un bolide velocissimo? Non sarà un ambiente ostile, dove inserirsi è difficile e dove tutti pensano al risultato?
Beh, sarebbe facile dire «niente di tutto questo», ma chi ci crederebbe? In fin dei conti chi scrive fa parte dell’organizzazione dell’evento e non si è mai sentito l’oste parlar male del proprio vino.
Però… c’è un però: in ogni discussione dove sono pubblicati i risultati, ma soprattutto il resoconto dell’evento, raccontato dai piloti stessi, i pareri sono unanimi nel dire che, anche per chi è agli inizi, girare al Challenge è un piacere e non uno stress.
Avrei voluto cercare e quotare quei messaggi, ma le autocelebrazioni non mi sono mai piaciute, preferisco che le cose siano provate sul campo, anche se qualcuno faticherà a farsi convincere e infatti il consiglio è sempre quello di venire fisicamente in autodromo a vedere cosa succede. Purtroppo, coi tempi della vita moderna sembra difficile ricavarsi un sabato libero, ma sforzandosi a ridurre il tempo che tutti passiamo su Internet, una parte del quale è certamente sprecato, non è impossibile.
In autodromo succede che le auto che scendono in pista contemporaneamente sono poche (meno di 2/3 del massimo ammesso dalla direzione) e suddivise per tempi sul giro simili. Non importa se qualcuno si è comprato una potentissima vettura che potrebbe ambire al record della pista: se non ha la voglia o semplicemente non ha ancora acquisito le capacità per girare forte entrerà in pista con vetture che, sulla carta più lente, sono in pratica ben preparate e girano sui suoi stessi tempi. Insomma, le “categorie” servono più che altro ad animare le discussioni sul forum, ma quando si fa sul serio si ha un occhio di riguardo solo ed esclusivamente a comporre i gruppi che scenderanno in pista nelle maniera più uniforme possibile per tempo effettivo sul giro e anche per peso delle vetture. Così si avranno meno sorpassi e, in caso di incidente (non parlarne per scaramanzia è stupido quanto non cercare di prevenirli) saranno minimizzati gli effetti degli impatti fra veicoli di massa molto differente.
Ecco spiegato anche perché mettiamo un limite di 1.300 Kg ai mezzi. Non è un limite rigoroso perché non ha nulla a che fare con le prestazioni, non manderemo nessuno in pesa e non sarà squalificato nessuno per questo; ha a che fare solo con la sicurezza. Un’auto grossa e potente in un impatto con un’auto piccola e leggera potrebbe causare danni seri. Inoltre, le auto più grosse sono generalmente anche alte e faticano a vedere le auto più piccole e basse che hanno intorno. Tutto qui. Non c’è nessuna chiusura ad altri appassionati e amici che hanno auto “diverse”, ma un limite da qualche parte abbiamo ritenuto opportuno metterlo, sulla scorta dell’esperienza di (ormai molti) anni di trackday.
In autodromo succede anche che i piloti si rispettino e rispettino il regolamento che impone di guardare gli specchi e lasciar passare chi è più veloce. Perché questa norma? Perché, anche se questo teoricamente volesse dire per qualcuno trascorrere tutta la giornata a far passare gli altri, bisogna trovare un modo per gestire il traffico in pista con una regola chiara e di semplice applicazione.
In realtà, quando in piste come Imola si gira in 22/23 vetture contemporanee od a Varano in 13, il rischio non esiste, ma come per strada si dà la precedenza a destra per pura convenzione, così in pista si dà la precedenza a chi è più veloce. E’ quello il motivo fondamentale per cui il Challenge costa più della somma del tempo a disposizione per girare comprandolo ai prezzi dei turni liberi in vendita in autodromo. Certo, ci sono costi aggiuntivi per servizi come il cronometraggio, ma sono inezie rispetto al costo principale, che è quello per il circuito, e quel costo aumenta quando si pretende di girare con poco traffico per aumentare la sicurezza e anche girare a lungo per massimizzare l’investimento (chiamiamolo così) del costo che si affronta per la trasferta.
E se prese tutte queste precauzioni l’incidente avvenisse lo stesso? Beh, andare in macchina, e andarci forte, non è certo un’attività priva di rischi, ma tutto sommato girerei per due ore al Challenge piuttosto di fare due ore sul tratto appenninico o sulla Milano-Venezia in un giorno lavorativo.
Se succede, intanto si è in un ambiente protetto, con commissari addestrati a far fronte agli imprevisti. Non è come su strada dove ci sono mille ostacoli pronti a distruggere le macchine quando li si urta, qui ci sono vie di fuga, muri di gomme, guard rail in perfetta efficienza e professionisti addestrati che non si fanno prendere dal panico nell’emergenza. Poi c’è minimo un’ambulanza con personale medico o paramedico. Sono finiti i tempi in cui giravamo senza questi servizi.
Per i danni materiali, le auto sono tutte assicurate ed è ormai assodato che praticamente tutte le assicurazioni pagano i danni derivanti da responsabilità civile anche in pista, a patto che la pista non sia in assetto gara, con semaforo, griglia di partenza, commissari federali, ecc, ecc… che non è il nostro caso. Per questo motivo l’organizzazione a volte delude le attese dei piloti non pubblicando tempi e classifiche se non a fine giornata. L’importante, per noi, è comportarci come in una circolazione turistica, dove ovviamente si va forte in quanto si gira in un’area senza limiti di velocità, ma dove non ci si sorpassa né ci si ostacola per conquistare una posizione. Ovviamente, conoscendoci tutti e accettando regole comuni le situazioni in cui si sente pronunciare la frase “ognuno si arrangia” da parte di chi involontariamente provoca un incidente non sono realistiche.
Oltre a tutto questo, che è ciò che preme di più a chi ha fatto sacrifici per acquistare e magari preparare un’auto sportiva, c’è il fattore umano. Faccio sempre la parte dell’oste che parla bene del vino che ha in mescita, certo, ma raramente, per non dire mai, ho visto nello sport motoristico un ambiente dove i piloti si integrano subito nel gruppo come al Challenge. Anzi, a ben guardare il “gruppo” non esiste nemmeno. Personalmente mi piace, alle cene dopo i trackday, sedermi fra i volti nuovi o quelli che partecipano meno assiduamente: mai ho avuto difficoltà ad entrare in confidenza con qualcuno perché, semplicemente, erano tutti rilassati, indipendentemente dal risultato in pista. Ciò che conta è essersi letteralmente “stancati” di guidare la propria auto ed aver raggiunto quello stato di soddisfazione che per tutta la settimana successiva e oltre fa affrontare gli impegni quotidiani con assoluta leggerezza.
Chi si iscrive al forum e vede che ci sono utenti con migliaia di messaggi e decine di partecipazioni può provare un po’ di soggezione, ma sono proprio quei piloti quelli ai quali si può domandare un consiglio, si può chiedere di salire in macchina per farsi spiegare i segreti di un circuito, si può offrire e farsi offrire una birra dopo i turni in pista e coi quali si può chiacchierare fino a notte fonda di macchine, motori, piste e argomenti del genere, che poi è la degna conclusione di ogni giornata con noi.
Questo è il motivo per cui giriamo di sabato. Ciò comporta qualche sacrificio per chi viene da lontano, che deve spesso partire il venerdì pomeriggio, ma vogliamo paragonare l’atmosfera di una premiazione a cena anziché una veloce consegna dei premi e subito tutti a casa perché il lunedì incombe?
Dopo questo lungo discorso qualcuno si chiederà: e se sono oppure diventerò bravo, veloce e vincente? Beh, c’è posto anche per chi è competitivo. Il nostro, come qualsiasi altro sport, implica impegno per migliorarsi. La maggior parte dei partecipanti non punta a vincere la classifica della propria categoria perché questo richiede allenamento, preparazione del mezzo e un po’ di capacità di guida. Non tutti possono permettersi il lusso di essere sempre presenti ai trackday, di allenarsi, di affinare l’assetto del proprio mezzo a seconda della pista, ecc, ecc… però tutti, assolutamente tutti, possono sfidare se stessi oppure avversari ritenuti al proprio livello oppure cercare di ridurre il distacco dai primi. Non c’è nulla di disonorevole nello stare a 5, 10 o più secondi dietro ai più veloci; succede anche in Formula 1, dove il più lento è comunque un eccellente pilota, anzi, si ha l’occasione per imparare, mentre nei normali trackday non è detto che si possa girare negli stessi turni di auto simili alla propria guidate da persone esperte. Spesso, purtroppo, si capita in mezzo alla confusione di auto eterogenee e piloti di capacità molto variabili dove il rischio inevitabilmente aumenta.
Siamo andati un po’ oltre, ma è per dire a chi comincia che l’automobilismo è uno sport come tutti gli altri. Al Challenge non è facile portare a casa una coppa, mai come quest’anno, ma quando ci si riesce si ha la certezza di aver fatto un buon lavoro, non di aver conquistato uno dei tanti premi che l’organizzazione potrebbe mettere in palio per accontentare tutti. Anche perché, se tutti potessero prendere una coppa, chi darebbe gli stimoli necessari ai piloti di maggior esperienza per continuare a venire in pista e trasmettere le loro conoscenze, in circuito e sul forum, agli altri?
Venite, andate pure forte perché ci sono i tutor, c’è poco traffico, c’è ordine in pista, senza falsa modestia l’organizzazione ormai ha imparato a gestire le situazioni critiche e per dirla tutta anche i soggetti dalla maggior produzione di adrenalina :-) ma quando vedrete i tempi non usateli per confrontarvi con gli altri, nessuno nasce “pilota”, bensì usateli come base per migliorare voi stessi in uno sport che è fra le più alte espressioni non solo della passione, ma anche del genio umano, basta pensare a quanta storia e quanto studio ci sono dietro alle macchine che noi usiamo con tanta disinvoltura.